“Finale di partita”: i fratelli Cauteruccio riportano in scena il capolavoro di Samuel Beckett

finale2Dopo aver indagato nelle ultime stagioni pagine pirandelliane in Uno, nessuno, centomila, dopo aver reso fulcro del suo teatro opere di artisti contemporanei quali Kounellis, Castellani, Pirri, Cecchini, Volpi in OA – Cinque atti teatrali sull’opera d’arte, e dopo aver incrociato la tragedia euripidea con le voci di Anna Politkovskaja e Yolande Mukagasana nel recente Crash Troades, Giancarlo Cauteruccio torna al suo autore guida: Samuel BeckettE riparte da Finale di partita, il capolavoro beckettiano, la tragedia comica, dichiarando che dirigere e recitare ora questa pièce è una “necessità”, una “esigenza vitale”. Il lavoro – prodotto da Teatro Studio Krypton – debutterà, in prima nazionale, martedì 5 febbraio (ore 21), al Teatro Studio di Scandicci (Fi) dove sarà in replica fino a domenica 10. A distanza di quindici anni dal primo allestimento, tradotto in calabrese con il titolo di U juocu sta’ finisciennu, memorabile lavoro acclamato da critici, studiosi e pubblico in una tournée lunga quattro anni nei maggiori festival e teatri italiani, Giancarlo Cauteruccio indossa nuova/mente i panni di Hamm, in un’edizione rinnovata in italiano in cui l’affondo nelle viscere del testo si fa più maturo e scientifico. Gli sta accanto, coprotagonista, il fratello Fulvio Cauteruccio nel ruolo del servo-figlioccio Clov. Entrambi incatenati nel dialogo, inframmezzato da splendidi monologhi, essi “giocano” la loro partita, riproducendo in scena un conflitto reale che li affligge nel privato, un conflitto fra fratelli ma anche tra regista e attore. La carnalità (o “accanita fisicità” come la definì Aggeo Savioli) presente nell’edizione del ’98, qui è affievolita ma resta nella recitazione un marcato accento meridionale. Calabresi di origine infatti sono, oltre ai fratelli Cauteruccio, anche Francesco Argirò e Francesca Ritrovato che ricoprono il ruolo dei genitori, confinati nei bidoni in proscenio: Nagg e NellNon c’è niente di più comico che l’infelicità dice Nell, la madre, sbucando dal bidone. Ed è forse questa la battuta rivelatrice di Finale di partita, una drammaturgia che si apre a molteplici letture ed interpretazioni, senza che nessuna in realtà esaurisca la possibilità di senso dell’opera. In questa regia – dichiara Giancarlo Cauteruccio – penso al sovraffollamento delle carceri, ad un “dentro” ad alta tensione, all’assenza del “fuori”. Superata l’idea della condizione post-atomica, in cui molti hanno ambientato “Finale di partita”, io mi riferisco oggi a una condizione di post-libertà, frutto di un’epoca in cui ci sentiamo tutti prigionieri dell’eccesso di controllo”. Nel palcoscenico vuoto Cauteruccio posiziona gli elementi scenici indicati dall’autore: la sedia a rotelle, i bidoni, il muro, due “finestrelle”, la porta dietro la quale Clov si ritira nella sua cucina.

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