Ipocrisia: musa ispiratrice del teatro e di chi ne scrive

fddoc7Che strana tendenza quella di cercare il cosiddetto “pelo nell’uovo” nell’operato di artisti dal lodevole impegno sulla scena e far finta di niente nei confronti di coloro i quali o artisti non lo sono mai stati o si trovano in un’irreversibile conditio di prostrazione creativa che li rende grottesca immagine di ciò che furono. Sovente accade che esimi colleghi, per la vanità, affatto discutibile, di tirarsi ad ogni costo fuori della mischia, ignorino – nel senso che ormai non ritengono professionalmente più utile seguire – un certo tipo di teatro: diciamo quello proposto da chi ha meno di trentacinque anni. Costoro si vantano di aver scoperto (o aiutato ad emergere) intere generazioni di attori e registi ma poi evitano accuratamente, e con una meticolosità perversa, chi muove i primi, secondi e terzi passi attraverso i sentieri impervi del teatro del XXI secolo. Questi attempati signorotti con la medesima protervia non permettono ad alcun “giovane” di belle o brutte speranze di proseguire (non fosse altro che per effetto della biologia) il loro operato, esprimono solo il “loro” di parere, sebbene non venga loro richiesto. Chi bazzica i teatri e i loro foyer, sa bene a “chi” e a “cosa” mi riferisco. Mentori che ritengono di essere depositari assoluti del sapere teatrale (presente, passato e futuro), essi affermano oramai da lustri che il teatro è morto ma praticamente ogni sera si materializzano come per incanto in ogni dove per occupare i loro posti vellutati accuratamente pretesi (fila, angolazione, distanza, comodità) e, per asservimento, concessi. Ebbene, come per effetto di una paralisi mentale, non si curano più del loro indottrinante verbo e, con un’indulgenza che farebbe inorridire persino il più clemente dei Pontefici, smarriscono la loro proverbiale capacità di leggere, smontare, rimontare uno spettacolo, suggerire soluzioni registiche, drammaturgiche, scenografiche (luci e musica sono aspetti che non prendono mai in considerazione per una cronica incapacità di discernimento) per galleggiare in uno sgradevole limbo critico che sfiora la cronaca ma forse è solo politica. Last but not the least direbbe qualcuno di questi “piccoli” baroni (il riferimento a fatti o persone è puramente voluto). Ora a parte il fatto che ognuno dovrebbe essere libero di esprimere il proprio punto di vista (il condizionale è sempre più d’obbligo), ci sono però degli aspetti di oggettività nel mondo del teatro, e dell’arte in generale, dai quali non si può prescindere.

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